Corvatsch ventinovesima parte

di aeroporto2

  Una voce all’interno di sè gli diceva dell’egoismo, della fru­strante verita` che, avvitandosi su di lui, l’aveva sempre ferma­to in un atteggiamento che non era ne` espressione di quel che lui era, ne` quello che voleva essere. La contemplazione di un universo spoglio l’aveva non solo amareggiato, ma costretto all’introversione e alla negazione del miracolo.

  Lì dinanzi a tanta delicata natura, sedutosi su un tronco, si guardava attorno quasi stordito dal bagliore del lago.

  Era confuso, sapeva questo. Inebriato dalla confusione, “forse infantile” e non volendo far tacere tutte queste sensazioni, fece una smorfia, “al diavolo me stesso e la presunzione che mi sfian­ca. Quante bugie.”

  Ripresero il cammino verso il sentiero che costeggiava il lago. Era avanti, la compagna dietro, in fila, e camminando cosi` senza vederla vagava mentalmente.

    La stradina segnata da orme di cavalli era a un bivio, un sentiero costeggiando il lago arrivava a delle case basse, l’al­tro saliva rapidamente verso un tratto del bosco folto e subito la strada spariva nascosta dalla vegetazione.  Il protagonista os­servò attentamente questi due sentieri. E scivolando lentamente con lo sguardo  seguì il sentiero in basso. Era attratto dal la­go, non riusciva che a immergersi con la sua anima e a perdersi.

– Riprendiamo il cammino.- Disse alla compagna.

– Perché credi che io mi sia fermata? “Come nell’acqua torbida d’un ruscello non scorgi né sabbia, né ghiaia, né puoi sapere quanto è profonda quell’acqua, così colui che non rende pura e limpida la mente non riesce a scorgere le vie della salvezza, poichè la passione le renderà torbide.

– Carla, senza scherzare,  ho il bisogno istintivo di dichiarare al mondo intero, cioe` ai miei familiari, che sono cambiato, sono morto. Loro, non solo non mi ascoltano, ma pretendono dei chiari­menti. Mio figlio mi telefona e dice che vuole incontrarmi subi­to, “anche a meta` strada”. Cosa significhera` mai, “meta` stra­da”? Non so spiegarlo a me, figuriamoci! Continua a parlare, in­filando frasi ripetute dalla madre. Non ci vuole molto a capire e appena gli dico di venire su, in Svizzera, si tranquillizza. Qua­si gli avessi detto che nulla è cambiato. Perchè? Be’ so già tut­to, ecco, non altro. Vogliono un padre silenzioso che guarda e dimentica. Che li lasci nella quiete delle loro vite. E, in breve tempo, nella sequenza assolutamente prevedibile, l’altra mia fi­glia, con una telefonata a carico, con un insopportabile silen­zio, trascina il discorso, nella irrefrenabile, volgare, confi­denza. Mi dice che la mamma ha chiamato, che sa di un raggiro  che, Dio sa cos`altro, sua cugina e la zia stanno preparando. Le dico che sto scrivendo un nuovo romanzo, e che era molto che non lo facevo. E che le inquietudini della mamma sono solo giacché sto scrivendo di noi. E lei mi interroga, volendo sape­re di lei, di cosa ho scritto.  Quasi che avesse mai avuto impor­tanza cosa scrivessi. Sono diventato un personaggio, ecco tutto. Mi sono accorto che se ho recitato per questi venti anni, l’ho fatto cosi` bene che ora tutti mi rivogliono per quello che “non” ero. Mi sono avvicinato al telefono e ho telefonato a mia moglie. Tua sorella e` rimasta al telefono, con un tono annoiato, simu­lando una eterna crisi di emicrania. Io non ci ho mai creduto. Ecco, e allora tu mi rimproveri, perche`? Come mai io ho finto per tutti questi anni? La risposta e` semplice, per evitare che d’un tratto scoprissero che avevano un padre, e che il padre fa­ceva cio` che credeva opportuno. Ora la chiamano follia.

  Egli, mentre parlava,  piegandosi, sembrava registrare su un foglietto, un taccuino, che quasi sempre portava con sè, le paro­le che stancamente e con tono annoiato comunicava alla compagna, invece egli ora riportava questi versi:

“Tra le foglie il buio/ La notte è scesa/ So da me che non avrò pace/ Eppure soli, ho avuto bisogno/ Ma di cosa?” Scritte queste parole continuava a sottolineare la parola “foglie”, e “buio”. E piu` egli sottolineava, più sentiva, che dentro se stesso, in ve­rita’, come si diceva, c’era stato un mutamento. Non piu` fanta­smi l’inquietavano. E così pensava:

“Sottolineo la voce, che giungendomi nuova, vacilla nella mia mente”.  

  Il vacillare, in lui, era la vita nuova, che piano alla volta andava e tornava, girava intorno a lui e piano con dolcezza, lo avvolgeva per trascinarlo verso la felicita`. Cio` che desiderava era comunicare la sua felicita`. Invece quello che era stato e che gli altri, tutti i suoi parenti, capivano e avevano accetta­to, era l’uomo preso da se stesso e solo dai suoi pensieri; ora volendo comunicare il nuovo sentimento, trovava dinanzi a sè un blocco di “granito” liscio e difficile a scalfire.  

  Erano giunti in una posizione che non proprio si poteva dire “elevata”, ma da quel punto la visuale sul lago era completa. Due panchine si fronteggiavano con un tavolo da poco verniciato. Al margine estremo della curva un ruscello. In basso, dei corrimani di abete scendevano verso una catasta di legna, già tagliata e messa in bell’ordine. In terra, con della vernice rossa una frec­cia e un numero indicavano uno spiazzo dove erano, uno sopra l’altro, posati dei tronchi interi. Oltre la curva dove il ru­scello compiva un salto, la strada continuava con un ponticello. Sotto il ponte una trota nuotando rimaneva immobile.

  La compagna, sedendosi e appoggiando i gomiti sul tavolo, vol­tandosi verso il lago, pronuncio` delle parole agghiaccianti.

– Sei sicuro, che sia veramente tua?

– Cosa significa?

– Sai cosa potrebbe succedere?

– La tua e` una provocazione?

– No, e` che questa sera verra` anche tua moglie. Sara` lei a provocarci, decisa a prendersi cio` che, secondo lei, le appartiene.

– E` nostra figlia, questo e` tutto. E` mia figlia naturale, leggitimandola, come lei mi ha chiesto, gli stolti vorranno distruggere per paura di perdere. E` mia figlia, non ci sono dubbi. Ma l’hai vista ultimamente, hai visto quanto di lei mi appartiene?

– Si e` tua figlia, ma non l’e` mai stata in passato, questo devi riconoscerlo.

– So da me, quel che e` “certezza”, so da me quanto si puo` di­struggere, ma non temo nulla e meno che mai le insinuazioni nate nella pura volgarita`.

  Detto questo si sedette anch’egli e benche` le frasi, appena pronunciate, erano vuote, dentro di egli non aveva dubbi. Sapeva che la compagna lo stava solo “provando” e allora egli le fece legge­re cio` che aveva appena scritto sul taccuino.

– Mi rimproveri? – Disse la compagna, sorridendogli dopo aver letto e per la prima volta si lascio` andare.- Pensavo che ti stessi burlando di me. Pensavo che nulla appartenesse a noi, e tu avessi distrutto ogni cosa. Ma come hai potuto, con tanta fred­dezza abbandonarmi? Come e` stata ridicola e inutile la vita fino a questo momento …”Tra le foglie il buio?” Cosi`, ora non hai piu` paura? Come hai potuto dubitare della mia femminilita`? Come hai potuto dubitare? Eri a tre passi, ogni volta eri a tre passi. Non potevo averti, non potevo che distruggere e distruggere e tu, non solo ti beffavi di me, ma illudentoti hai illuso tutti. Com­preso nostra figlia.

Sapeva che nell’ultima frase c’era del rancore, non era vero quel che aveva detto, sentiva che stava mentendo. Si volto` solo ora e continuo` a leggere. 

– “La notte e` scesa/ So da me che non avro` pace.” Ero serena, passavano gli anni e sapevo che saresti tornato. Non pensavo a te, come uomo, non pensavo a te, come il marito di mia sorella. Pensavo alla verita`. Un giorno saresti tornato dal viaggio in­concludente, come spesso mi ricordavi, nelle telefonate odiose che mi facevi… Preferivo che tu non esistessi e vedevo spegner­ti e consumarti. Un bambino perso, quanta umilta`, quanta dolcez­za c’era sotto la maschera di quello che sei. O che eri?

– Che ero.

– Puo` darsi, ma adesso che ti ho trovato, ed e` troppo tardi per tutto, quanta amarezza e quanta paura. Che vita e` stata la tua, senza amore? Come potevo amare un uomo incapace di sentimenti? Invece m’inventavo un personaggio, quello che avrei voluto ave­re. E ora, dal primo momento che sei sceso dalla macchina e ti sei avvicinato dicendomi. “Sono tornato, scusami per il ritardo”, ho creduto che dicevi qualcosa di diverso, poi Eleonora ha detto raggiante “Abbiamo fatto una gita in campagna”, e ho pensato che non era il ritardo che credevo.

– Venti anni.

– Fai lo spiritoso? Ti rendi conto che cio` che ti ho detto sa di inverosimile. Invece e` cosi` vero. Mi accorgo, con puntualita` e insopportabile senso di rabbia, che e` tutto vero. Dici che asso­miglio a mia sorella. Non lo dici, ma vuoi che l’intenda. Come ti sbagli! Sei ridicolo quando proponi delle verita` cosi` banali. Non sono una stupida che in un orientalismo si` e` chiusa dedi­cando passione e silenzio, trascinando cosi` il silenzio in veri­ta` familiari. Tutti sapevano tutto, che bisogno c’era di dire bugie. Hai paura?

– Alla fine mi sono trovato solo.

  Il protagonista, con un fare annoiato, alzandosi dalla panchina e guardando le cataste di legno, prese a parlare, ma nei modi sem­brava che stesse recitando un copione teatrale e in effetti, cio` che egli ripeteva alla compagna lo annoiava. Sentiva in lui il ripetere stancamente di qualcosa che non lo interessava piu`, c’era solo dell’imbarazzo. Si accorgeva che, esponendo i suoi vecchi sentimenti, la compagna poteva capire non il distacco ver­so quel che aveva provato, e ora la felicita` per aver “capito”, ma il distacco di chi sta mentendo.

– Come hai detto, un bambino. Credevo che assecondando gli umori familiari si sarebbe trovata quella felicita` che mai e` esisti­ta. Non so perche`, ma annullandomi nelle paure, nella nevrosi del nostro comportamento, io e Irene, quasi scontrandoci l’uno con l’altra abbiamo taciuto il nostro dolore. Ma era inevitabile che nostra figlia crescendo, facesse in modo che anche noi cre­scessimo. Non so cosa sia successo esattamente, ma e` successo, e ora l’incredibile è che non riesco a esprimere i miei sentimenti, a spiegarti come io sia cambiato.

  Il tumulto lirico diretto verso la compagna l`aveva frenato nel ragionamento, e ora volendo spegnere l’eccitamento per i senti­menti che la compagna, cosi` decisa a “provocarlo”, coglieva nel passato, in quel passato che egli non riconosceva piu`, voleva spiegare l’incomunicabilita`, che poteva nascere tra lui e la compagna. Voleva, forse infantilmente, come provando una vertigi­ne, separarsi un attimo da quella conversazione, per meglio chia­rire ora, alla sua compagna, piu` tardi a tutti i familiari, la sua decisione.

– Per fare chiarezza, una volta per tutte, mi sono occupato un tantino di cose economiche. Ho provveduto a eliminare tutti i fraintendimenti, tecnicamente parlando ho revocato deleghe e fir­me dai conti correnti e dai conti titoli, ho chiuso con le frasi piene di mistero. Ho preso cio` che e` mio e chiudero` tutti i rapporti economici, cosi` come sono stati interpretati da mia mo­glie e dai miei figli. Voglio che s’intenda chiaramente quel che sara`. Inoltre, cosi` come mi e` stato chiesto da nostra figlia, andro` a vivere fin da subito con lei. Ho disposto a far svuotare i miei armadi e gia` sara` tutto pronto, l’inutile perdita di tempo sara` colmata con un’eccessiva velocizzazione, un volano che partendo non si fermera` fino a che non sara` finito il “viaggio”.

– Un tantino infantile.

– Credo che sia opportuno che mi comporti nei confronti di mia moglie in modo che non ci siano dubbi. Magari semplifico un po` troppo, ma non vedo a tutt’oggi come meglio posso risolvere tutta questa confusione che e` nata ai miei familiari.

– Secondo te, questa confusione e` nata ai tuoi familiari? Ma cosa stai dicendo? Per venti anni taci a tutti, acconsenti tutto, poi d’un tratto dopo aver dato una tua disponibilita` nei modi che sappiamo, d’un tratto per un motivo che ora, persino a me sembra un pretesto, sparisci, e ora con loro fai quello che hai fatto a me. Non credi che stai ripetendo cio` che hai fatto a me e a nostra figlia? A tua moglie e ai vostri figli? Qual’e` la differenza spiegalo? Tu dici di essere cambiato, ma in cosa?

– Credo che sia opportuno che mi comporti in questo modo.

– Non ti sei mosso di un passo da quel che sei.

– Ci siamo trascinati in un’immagine e razionalmente ci siamo convinti dei nostri compiti e così ci siamo isolati. Mai abbiamo capito che l’essere uniti sarebbe stata la nostra salvezza. Il mio compito avrebbe dovuto essere quello di essere presente e prendere le distanze dall’indifferenza, chiamare all’ordine con gesti significativi e soprattutto esserci. Ma per primo, ingiu­stificatamente ero in campagna a mandare avanti la mia vita, se­condo un equilibrio che non poteva che essere solo un’immagine. E mi hanno lasciato fare solo perche` ognuno di noi fuggiva.

– Questo cosa c’entra? Questo non ha nulla a che fare con me.

– Hai sentito quel che ho detto? E` la verita`. Anche tu hai pre­so parte e non puoi negare che era inevitabile che mi comportassi cosi`. Non ero consapevole della minima verita` morale. Principi, dopo principi sono stati ironicamente e convulsamente liquidati, voltando le spalle e correndo dietro la prima figura ammaliatrice che, per pochi secondi, annullava il senso di vuoto.

– E` facile fare una lettura esistenzialistica. La limpidezza passa ed e` per tutti eguale. Non vi sono solo luoghi comuni. Ma ora ti devo avvertire, non credere di fare cio` che tu voglia, con la semplicita` delle sole tue decisioni.